Come rendere stabili i governi italiani

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Instabilità. Questa è la prima parola che viene in mente quando si pensa al governo italiano.
Dal 1948 ad oggi1 ne abbiamo cambiato in media uno ogni anno e 2 mesi. Facendo un confronto con altri Paesi europei nel periodo 1992-2022,2 la situazione è la seguente:

PaeseNumero cambi di capo di governo
Italia17
Regno Unito6
Spagna5
Germania4

La differenza è notevole. Cosa si può fare allora per risolvere questa situazione?

La soluzione regionale

Prima della riforma del 1995,3 anche i governi delle regioni erano altrettanto instabili. Ora invece i Presidenti di Regione non solo rimangono di solito in carica per 5 anni, ma spesso vengono rieletti per più di un mandato.
In Valle D’Aosta, dove la riforma non ha avuto luogo, si sono susseguiti 9 governatori negli ultimi 10 anni. La Sicilia, di contro, è passata da cambiarne in media uno ogni anno e 9 mesi a farlo ogni 4 anni e 5 mesi.4
La domanda, a questo punto, sorge spontanea. Cosa ha determinato un tale miglioramento? Il potere, affidato ai Presidenti di Regione, di sciogliere in ogni momento il Consiglio Regionale e indire nuove elezioni.

Perché ha avuto tanto successo?

Per comprendere le ragioni di un tale successo dobbiamo partire dal modo con cui, in Italia, avvengono le crisi di governo.
Da sempre gli esecutivi nel nostro Paese sono formati da coalizioni di partiti. Tuttavia, non sempre le maggioranze risultano coese. Prima o poi le divergenze tra i partiti diventano tali che alcuni di essi decidono di sottrarre l’appoggio al governo. A questo punto il Presidente del Consiglio, piuttosto che aspettare che venga approvata una mozione di sfiducia, preferisce di solito dimettersi, determinando la caduta dell’intero esecutivo. In termini tecnici, si parla di crisi extraparlamentari poichè avvengono senza passare per il voto di sfiducia.
Al momento, il Presidente del Consiglio non ha alcuna arma di difesa contro i litigi dei partiti. Qualora, però, avesse il potere di sciogliere le Camere e indire elezioni anticipate, rispetto alla scadenza naturale della legislatura, i partiti ci penserebbero due volte prima di sottrarre il proprio appoggio al governo. Le campagne elettorali, infatti, sono molto costose per le loro casse. Tra l’altro, i parlamentari stessi non hanno neanche la certezza di essere rieletti.

Come si può implementare nel concreto?

L’art. 126 della Costituzione stabilisce che lo scioglimento del Consiglio Regionale avviene automaticamente in caso di dimissioni, impedimento permanente e morte del governatore, nonché qualora venga approvata una mozione di sfiducia5. In pratica, in caso di crisi di governo si deve passare necessariamente per nuove elezioni.
Non esiste in nessun’altra costituzione europea un sistema così rigido. Eppure di esempi di governi decisamente più stabili del nostro ce ne sono. Quale può essere allora un modello più flessibile di quello regionale, ma parimenti efficace? Quello svedese, o al massimo quello spagnolo.

Il modello svedese

In Svezia, il Governo può sciogliere in qualunque momento il Rikstag (il parlamento unicamerale) anche in caso di mozione di sfiducia. Se questa viene approvata, infatti, l’esecutivo ha 7 giorni di tempo per decidere se dimettersi oppure indire elezioni ancipate. L’unica particolarità è che, in questi casi, la legislatura non dura 4 anni, bensì il tempo necessario per completare quella precedente.
Per importare questo modello in Italia basterebbe effettuare solo un paio di modifiche: affidare il potere di scioglimento anticipato al solo Presidente del Consiglio (e non all’intero Consiglio dei Ministri) e fare in modo che la legislatura dopo lo scioglimento anticipato duri comunque i canonici 5 anni.

Il modello spagnolo

Proprio come in Svezia, anche in Spagna il Primo Ministro può sciogliere il Congresso dei Deputati in qualunque momento. Non può esercitare questo potere solo se è stata presentata una mozione di sfiducia.
In Spagna, tuttavia, la sfiducia è costruttiva, ovvero deve indicare il nome della persona a cui affidare l’incarico di Primo Ministro se viene approvata. Quindi, i partiti devono prima mettersi d’accordo sul futuro premier. Ed è estremamente difficile che le trattative possano rimanere segrete a lungo. Pertanto, venuto a conoscenza di un possibile cambio di governo, il Primo Ministro può sciogliere il Parlamento prima che sia presentata la mozione di sfiducia.
Le considerazioni fatte per il modello svedese riguardo a chi dovrebbe indire elezioni anticipate e alla durata della nuova legislatura restano valide anche se si adottasse il sistema spagnolo. L’unico serio problema, in questo caso, sarebbe il bicameralismo perfetto. Per avere la sfiducia costruttiva, infatti, solo la Camera dei Deputati dovrebbe poter accordare, e di conseguenza revocare, la fiducia al governo. A quel punto dovremmo cambiare anche il procedimento di approvazione delle leggi e i regolamenti parlamentari poichè i governi non potrebbero più usare la questione di fiducia al Senato. In pratica, dovremmo passare ad un bicameralismo imperfetto,6 al pari della Germania, della Francia o della stessa Spagna, per evitare di paralizzare del tutto le istituzioni.
Di sicuro, prima o poi, il Senato deve essere riformato perchè al momento è un inutile duplicato della Camera. Questo richiede una modifica di molte parti della Costituzione. Ogni qualvolta si è provato a fare riforme molto ampie della nostra carta il risultato è stato un completo fallimento. Vogliamo seriamente rischiare di rallentare, o addirittura bloccare, la possibilità di avere finalmente un governo stabile, dopo quasi 80 anni dalla nascita della Repubblica, solo perchè i partiti non riescono a mettersi d’accordo sull’eventuale composizione del Senato? È questo il motivo per cui, tra i due sistemi, sono più propenso per quello svedese, che può essere introdotto cambiando solo tre articoli della Costituzione.

Conclusioni

Nessuna democrazia sana può pensare di poter cambiare la propria leadership alla stessa frequenza con cui si alternano i nostri governi. Avere un incarico pubblico significa prima di tutto assumersi determinate responsabilità, sia davanti agli elettori di oggi sia, soprattutto, a quelli di domani. I cittadini devono, infatti, poter giudicare se coloro per i quali hanno votato alla precedente tornata elettorale si sono dimostrati all’altezza delle aspettative oppure no. E per farlo devono poter distinguere con chiarezza le misure prese da loro da quelle dei predecessori. È necessario, quindi, che i governi agiscano, ed eventualmente sbaglino, perchè solo chi non fa nulla non sbaglia mai. Ma bisogna prima di tutto dar loro tempo di attuare il proprio programma. Ecco perchè è necessaria una riforma che dia stabilità all’esecutivo.
Abbiamo visto due modelli, quello svedese e quello spagnolo, che funzionano nei rispettivi Paesi. Assistiamo tutti i giorni ad uno anche meno flessibile, quello regionale. Qualunque sia il sistema che decidiamo di importare, ci sono due ultime cose che dovremmo inserire nel nostro ordinamento.
In primis, il Presidente del Consiglio deve poter licenziare in qualunque momento i propri ministri. È una stranezza tutta italiana che non lo possa già fare. Germania, Svezia, Francia, Regno Unito e Spagna sono solo alcuni esempi di Paesi in cui questo è già realtà. Tra l’altro, è curioso come persino i governatori di regione abbiano questo potere e non il Presidente del Consiglio.7
Infine, per scoraggiare ulteriormente le crisi extraparlamentari, al Premier che presenti le dimissioni volontarie non dovrebbe essere consentito di assumere alcun incarico di Governo per 5 anni.8

Ringrazio Carlotta Cascella e Alessandro Parente per i preziosi suggerimenti che mi hanno dato in fase di correzione.


  1. Escludendo il governo Meloni, in carica nel momento in cui scrivo. ↩︎

  2. I dati si fermano al 18 luglio 2022. Ho omesso volutamente i dati sulla Francia poichè, trattandosi di un sistema semipresidenziale, il suo primo ministro ha un ruolo subalterno rispetto al presidente. Fonte: Pagella Politica ↩︎

  3. Parlo della legge Tatarella del 1995, che introduceva una norma “antiribaltone” per i primi due anni di legislatura. L’art. 8, infatti, prevedeva che “Se nel corso di ventiquattro mesi il rapporto fiduciario tra consiglio e giunta è comunque posto in crisi, il quinquennio di durata in carica del consiglio regionale è ridotto ad un biennio.”
    Come scrive il prof. Ceccanti, “rimasti per ventiquattro mesi assolutamente virtuosi, attenti alla stabilità di Governo, i consiglieri regionali di moltissime regioni improvvisarono prontamente ribaltoni, ribaltini, controribaltoni e via dicendo”. La misura doveva, quindi, essere estesa all’intera legislatura regionale. Ciò venne fatto con la riforma costituzionale del 1999. ↩︎

  4. Trattandosi di una regione a statuto speciale, la riforma è avvenuta solo nel 2001.
    Per calcolare la durata media dei Presidenti della Regione Sicilia in ognuno dei due sistemi di governo (pre e post riforma) ho diviso il numero degli anni in cui è rimasto in vigore per il numero dei cambi di governatore nello stesso periodo. ↩︎

  5. Si ricorre ad elezioni anticipate anche qualora il presidente di regione abbia compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge oppure per ragioni di sicurezza nazionale (art. 126 della Costituzione). Lo stesso accade quando si dimette contemporaneamente la maggioranza dei membri del Consiglio Regionale. ↩︎

  6. O eventualmente eliminare del tutto il Senato, opzione con cui personalmente non mi trovo troppo d’accordo. ↩︎

  7. Sulle ragioni per cui inserire in Costituzione il potere di revoca dei ministri da parte del Presidente del Consiglio rimando a Ceccanti↩︎

  8. In questo modo, se il Presidente del Consiglio volesse dimettersi, magari per motivi di salute o personali, avrebbe tutto il diritto di farlo. Però, se intendesse solo far cadere l’esecutivo, causando l’ennesima crisi extra-parlamentare, arrecherebbe un danno prima di tutto a se stesso poichè non potrebbe più assumere alcun incarico governativo per 5 anni. Il ddl Tonini prevedeva, invece, un periodo pari alla legislatura in corso e a quella immediatamente successiva. A mio parere è meglio fissare un numero preciso di anni in modo tale da far valere il divieto anche in caso di scioglimento anticipato delle Camere. ↩︎